CAPRERA 1987



Nel 1987 il mio primo contatto con la vela a Caprera... cercando in internet ho trovato questo bellissimo articolo:





'VIVA LA VITA DISCIPLINATA'
Repubblica — 11 agosto 1987 pagina 22 sezione: SPORT
CAPRERA - La sveglia, nella scuola di vela più famosa d' Italia suona tutti i giorni puntuale alle sei. Caprera non è soltanto una scuola: è un mito, una disciplina. Un qualcosa di unico, nel bene e nel male. E anche quest' anno ha il tutto esaurito. Ogni settimana cominciano i corsi di iniziazione al quale sono ammessi 50 allievi, per lo più ragazzini delle famiglie bene milanesi e romane ma anche, in buona percentuale, giovani manager e uomini di successo per i quali, se la vela è una moda, la scuola a Caprera è un "must" irrinunciabile. Alle sei sono sette sorteggiati, detti di comandata, a cominciare la giornata. Sbucciano le patate in cucina, tagliano i pomodori, puliscono di tutto, dai pesci, ai cessi alle camerate. Non tutti capiscono la necessità di tale rigore. Dice Armando, 42 anni, impiegato in una banca della Brianza: "Una vera presa in giro. Ho pagato per fare il servo, lo posso capire per i ragazzi, ma per me no". E' una questione di disciplina. Il neo allievo questo, lo capisce subito. Appena arrivato l' aspirante velista viene, alle tre del pomeriggio di un sabato d' agosto vestito con cerata e stivali, fatto stendere su una panca di legno, e gli si chiede di mimare una nuotata a stile libero. Si chiama "prova di nuoto in tuta cerata", dopo poche bracciate più che ridicole arrivano due secchiate d' acqua risolutive e una valanga di risate. E' il benvenuto degli allievi alle "reclute". Lo scherzo, naturalmente, non piace a tutti. Vittorio ha 30 anni ed è un medico, esperto di marketing milanese, dice: "Ho fatto sci, motocross, deltaplano e roccia, era inevitabile che prima o poi finissi qui, ma certo non tornerò. E' come fare il militare e in più si paga, non è stupido?". Dipende. Un corso a Caprera di quindici giorni costa, in agosto, un milione e cinquanta mila lire, ma per sperare di esserci, in agosto, bisogna prenotarsi almeno un anno prima se non si vuole finire in una lista d' attesa di parecchie centinaia di nominativi. La sveglia generale comunque nella "caserma" di Caprera suona alle sei. Dalle brande a castello delle camerate si alzano tutti, istruttori, dodici per corso, per lo più allievi che hanno fatto "carriera", e scolari. Alle sette: colazione. Inutile cercare in bagno il rubinetto dell' acqua calda, non esiste. Questo, in agosto si può riconoscere che non è un problema, ma comincia ad esserlo in giugno, a Pasqua o in ottobre quando la scuola è già in attività. A nessuno comunque venga in mente di lamentarsi. Sino a qualche anno fa a Caprera non c' era nemmeno l' acqua corrente. Il minimo indispensabile era assicurato da camion cisterne in arrivo da La Maddalena. "E' vero - ricorda entusiasta Alessandro, 30 anni, romano, istruttore - in quindici giorni di corso, riuscivamo al massimo a farci un paio di docce". "Adesso - incalza Antonio, quarantenne milanese, altro capo-istruttore - parlano addirittura di mettere l' acqua calda. Una follia. Posso solo assicurare che se lo faranno, gli scaldabagno del mio corso saranno sempre guasti". Arriva la colazione. Latte, thè o caffè, burro e marmellata in porzione da compagnia aerea, e cioccolata fondente poco più grande, quasi una scatola di fiammiferi. Alle sette e mezzo arriva la prima colazione. Tavoloni e panche di legno. Sul muro, in fondo, una lavagna di ardesia, intorno lo staff degli istruttori al gran completo. Arrivan le presentazioni, le richieste di chiarimenti. "Qualcuno di voi ha bisogno di sapere come si usa un bagno alla turca?" chiede Antonio. Ma nessuno risponde e finalmente si passa alla didattica. A Caprera si impara veramente ad andare in barca a vela, tutti a Caprera e fuori ne sono convinti. Nessun campione di vela è però mai uscito da Caprera in venti anni di attività della scuola. Nessun campione italiano, nessun olimpionico e neppure nessuno degli equipaggi di Azzurra e Italia all' ultima Coppa America ha imparato la vela a Caprera. La scuola può vantare un Cino Ricci tra gli istruttori (anche se non esercita più da anni) e qualche partecipante a regate intorno al mondo. A tenere la lezione è Giuseppe, uno dei giovani istruttori; è un po' emozionato e si avventura in alcune definizioni, ne supera un paio brillantemente, ma scivola sbagliando clamorosamente quella di sopravvento e sottovento. Si passa ai nodi. Nodo savoia, gassa d' amante, nodo piano. Ogni marinaio sa quanto è importante saper far bene i nodi. Il bastone del comando è di nuovo in pugno ad Antonio. Parla di "dormiente e corrente, corrente che si tira e dormiente che si lascia scorrere perchè poi va azzuccato". Chi la gassa d' amante, un super classico della cultura marinara, già la sapeva fare, rischia di confondersi. E' comunque il momento di fare gli equipaggi per la prima uscita. Maglietta, costume e scarpe da tennis i 50 allievi lasciano le camerate direzione Cala Fico, due chilometri a piedi, ci sarebbe il tempo per godersi il panorama dell' arcipelago Maddalenino, delle baie dai colori Caraibici, del vento puntuale e quotidiano che sfrutta il tiraggio delle Bocche di Bonifacio, ma chi ci pensa? Tommaso, 19 anni, romano figlio di un professionista, no di sicuro. "Papà ha preso la barca di 10 metri e io voglio imparare a portarla". Cala Fico è incantevole, ormeggiati alle boe quindici Caravelle (una deriva francese che può portare sino a quattro persone), imbottiti come auto scontro da Luna Park (le collisioni sono all' ordine del giorno), attendono gli allievi del primo turno. In vacanza sarebbe il momento del giornale, magari una telefonata a casa. Ma a Caprera i giornali non esistono ("Vallanzasca è stato preso? Perchè dove era andato?") e il telefono neppure. Si è completamente fuori dal mondo, La Maddalena il paese più vicino, è a mezz' ora di macchina o venti minuti di barca. In caso di emergenza si comunica via radio, ma deve essere vera emergenza. Così l' ultimo anello di congiunzione con il mondo è affidato al vecchio telegramma che il buon Vittorio, maddalenino di 43 anni e a Caprera dal primo giorno vent' anni fa, fa trascrivere e poi porta diligentemente a spedire. Ma possono resistere dei professionisti senza giornali e telefono per quindici giorni? "Sì, il vero problema non è quello - confessa uno - è che nelle camerate mancano gli stipetti e bisogna tener tutto nella borsa". Tutti a vela, dalle nove a mezzogiorno a spasso per Porto Palma un tempo baia esclusiva della Marina dove era vietato anche entrare oggi sempre più spesso violata da chi in Costa Smeralda non trova più un buco libero. All' una si mangia. "Hai il coltello?" - chiede Ugo, istruttore milanese, esperto di catamarani -. A Caprera non ci sono coltelli, ognuno si porta il suo da casa. E poi si mangia nello stesso piatto e si pulisce la tavola prima di alzarsi. Si mangia bene? "Il primo giorno che sono arrivato benissimo - afferma Uberto, 22 anni bolognese dall' aria nobile - poi il resto non è stato gran che". Dopo il pranzo, i 50 allievi sono di nuovo in mare. Il Centro Velico Caprera è un grande business, oltre un miliardo e trecento milioni all' anno di incassi. Poco più di dieci i dipendenti tra Caprera e Milano dove il centro ha una sede e poi le barche. E' stata appena comprata una goletta di 15 metri, Mastro Pietro, costata 400 milioni, ci sono quattro Comet 910 per le crociere, ma è anche vero che gli istruttori lavorano gratis. "C' è una contraddizione di fondo - ripete Vittorio, l' esperto di marketing milanese - da un lato cercano di insegnarti una certa cultura marinara, e indubbiamente ci riescono, ma mi chiedo che senso abbia proibire coltelli e imporre orari rigidi e poi aprire uno spaccio dove ci si può comprare un maglione da centomila lire con il simbolo del Centro Velico, caramelle e birre". Sono le dieci e mezzo e si spegne la luce a Caprera, chi vuol parlare può farlo al buio, ma senza esagerare. Domattina la sveglia è sempre alla stessa ora. Un istruttore rivela: "Vittorio, non supererà il primo corso, motivo? Scarsa preparazione tecnica ma, anche, scarsa assimilazione dello spirito di Caprera". L' atmosfera ha le sue regole. E TUTTO INIZIO' COPIANDO UN' IDEA VISTA IN FRANCIA TOURING Club e Lega Navale Italiana sono gli enti che dirigono il Centro Velico Caprera che quest' anno festeggia i venti anni dalla fondazione. 20 anni fa Franco Brambilla, all' epoca amministratore delegato della Pirelli reduce da un corso di vela in Francia trovò a Caprera il luogo ideale per diffondere lo sport nautico in Italia. Della scuola di Caprera si occupano anche a livello organizzativo gli ex allievi, che riuniti in una associazione promuovono iniziative, come concorsi fotografici, corsi di aggiornamento e più semplicemente vita sociale. A Caprera si organizzano corsi per quattro livelli diversi di apprendimento (dall' iniziazione alla vela d' altura) più un corso per chi vuole imparare a maneggiare una tavola a vela. - di LUCA BONTEMPELLI

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